17 novembre 2025

 

QUALCHE RIGA PER COMINCIARE

Cesare Sottocorno

 

Il primo comma dell’articolo 54 della Costituzione repubblicana recita: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi». Nulla di più chiaro. Eppure il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, lo scorso 1° d’ottobre, in un’intervista televisiva, ha affermato che «comunque quello che dice il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto». Erano i giorni in cui la Global Sumud Flotilla si stava avvicinando alle coste della striscia di Gaza con l’intento di forzare il blocco marittimo e portare aiuti a quelle popolazioni. Le imbarcazioni vennero intercettate dalla marina israeliana, mentre si trovavano in acque internazionali, con il conseguente sequestro di tutti i membri dell’equipaggio. Un atto di indiscutibile violazione del diritto internazionale che per il ministro può anche essere rispettato «fino a un certo punto».

 

Non ci è dato di sapere quale sia «il punto» fino al quale si debba arrivare, né chi sia deputato a stabilire quale sia il Rubicone da non oltrepassare. Resta che simili affermazioni non dovrebbero sfuggire a nessuno, tanto meno a un ministro della Repubblica. Al rispetto delle norme legislative «fino a un certo punto» nel nostro Paese, purtroppo, siamo ampiamente abituati. Prendiamo a esempio l’irrisolto problema del pagamento delle imposte dirette. Leggiamo nell’articolo 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è improntato a criteri di progressività». Ma funziona proprio così? In una relazione dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre CGIA si legge:

Alla luce degli incassi ottenuti a partire dal 1973, possiamo affermare che gli scudi, i concordati, le rottamazioni, i condoni, le sanatorie e le pacificazioni fiscali hanno contribuito in misura molto modesta a contrastare l’evasione fiscale che nel nostro Paese rimane ancora molto elevata e pari a quasi 90 miliardi di euro all’anno.

In questo caso il «certo punto» più che complesso, secondo quanto ha teorizzato Edgar Morin, è fluido per dirla come Zygmund Bauman, e, purtroppo, non tende certo a scomparire.

 

Un’ultima riflessione riguarda la sanità. Secondo l’articolo 32 «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Trent’anni dopo, nel dicembre del 1978, su proposta del ministro della Sanità Tina Anselmi e il voto contrario del MSI, in ossequio alle indifferibili disposizioni costituzionali veniva istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

L’articolo 25, precisa inoltre che «l’assistenza medico-generica e pediatrica», garantita dal SSN, deve essere prestata «nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino», e che la scelta del medico di fiducia deve avvenire fra i sanitari operanti in tali ambiti.

Più avanti, si dice ancora che l’utente, qualora le strutture pubbliche non garantiscano l’accesso alle prestazioni sanitarie «nel termine di tre giorni», può accedere agli ambulatori e strutture convenzionati. L’esperienza di tutti testimonia ben altro, dalle cure gratuite agli indigenti, alla scelta del medico in territori dove non si trovano medici di base, per non parlare di prestazioni diagnostiche «entro tre giorni». Dunque, prestazioni sanitarie disponibili «fino a un certo punto» e sanità funzionante solo per chi ha soldi.

 

E non parliamo di istruzione, giustizia, religione, uguaglianza dei cittadini… Lasciamo al lettore queste ulteriori riflessioni!