11 novembre 2024

 

QUALCHE RIGA PER COMINCIARE

Aldo Badini

 

Il messaggio è arrivato forte e chiaro: il vertice internazionale dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), svoltosi in Russia lo scorso ottobre, ha fatto rumore e ha avuto un indiscutibile successo, sia perché ai paesi fondatori se ne sono aggiunti altri quattro, sia perché ai lavori ha partecipato l’Arabia Saudita, in procinto di aderire formalmente al gruppo, e pure la Turchia in veste di osservatore.

 

A dare ulteriore rilievo al summit è stata la presenza del segretario delle Nazioni Unite e il crescente interesse di una quarantina di altre nazioni emergenti. Del resto, già ora i partecipanti esprimono il 37% del Pil mondiale e raccolgono il 45% della popolazione, a fronte dei rispettivi 30% e 10% scarso dei paesi del G7.

 

Va notato ancora che, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati sembrano arroccarsi a difesa di una traballante egemonia, paesi non ostili agli occidentali, o addirittura membri della Nato come la Turchia, non hanno esitato a rendere un implicito omaggio al presidente russo ospitante. Né è passato sotto silenzio lo stizzito rifiuto di Volodymyr Zelensky a incontrare il segretario dell’Onu Guterres di ritorno dal vertice: prova evidente che il tentativo di isolare Putin e la sua cerchia è fallito, così come passano in secondo piano, agli occhi del cosiddetto Sud globale, tanto la guerra in Ucraina quanto la gestione autoritaria e illiberale del potere da parte del governo moscovita.

 

La democrazia – ormai lo abbiamo imparato – non è merce facilmente esportabile, specialmente se la si vuole usare come vernice per coprire commerci assai poco nobili. Così è sufficiente parlare con qualcuno degli africani che incontriamo nelle nostre città, per cogliere il risentimento antioccidentale che ha finito per spalancare le porte di quel continente alle industrie cinesi e alle milizie russe. Che poi quegli stessi migranti orientino i propri passi verso l’Europa, è un altro (contraddittorio) discorso.

 

Ma poiché l’economia ha le sue ragioni e i flussi di ricchezza le loro attrattive, il vertice dei Brics mirava soprattutto a questi concreti obiettivi. In un articolo pubblicato il 23 ottobre, l’editorialista del Corriere Federico Fubini osservava che a Kazan si sono gettate le basi per creare un sistema di pagamenti interbancari alternativo a quello incentrato su dollaro e euro, in modo da incentivare gli scambi tra paesi emergenti senza rischiare le sanzioni e il congelamento delle riserve valutarie che periodicamente hanno colpito numerosi stati, dall’Iran alla Russia, al Venezuela, alla Libia, secondo le direttive (e gli interessi politico-economici) di Washington e Bruxelles.

 

A ulteriore riprova del rapido mutare degli equilibri internazionali è la notizia che a ridosso della conclusione del summit, auspice il governo cinese, le marine militari di Iran e Arabia Saudita hanno tenuto una esercitazione congiunta nelle acque del Golfo Persico. Il che non significa l’estromissione degli Stati Uniti da una delle aree più calde del pianeta; ma l’avvicinamento fra due nazioni tradizionalmente ostili, mediato da Pechino, è un segnale ulteriore della fine del dominio unipolare. E pur nella diversa ottica delle questioni religiose, gli sforzi della Santa Sede di migliorare le relazioni con la Cina vanno nella stessa direzione. Forse ad alcuni può dispiacere, ma il fatto che il mondo non sia più tirato in un solo verso e abbia ripreso a girare in tondo, come suo solito, pare tutto sommato una buona notizia, quanto meno per chi diffida degli imperi universali.