24 marzo 2025

 

QUALCHE RIGA PER COMINCIARE

Cesare Sottocorno

 

Sono quelli di sempre i raggi del sole che nella nuova primavera illuminano il pianeta: ma davvero illuminano soltanto «le sciagure umane», con l’immagine inquietante con cui Ugo Foscolo chiude i suoi Sepolcri? In Ucraina da tre anni si continua a combattere. Pareva si aprisse uno spiraglio di pace, subito messo in forse dalle durezze e dai tatticismi dalla Casa Bianca; le ragioni di Volodymyr Zelensky nulla possono contro l’arroganza e le prepotenze di Trump, di Putin e dei loro lupi. Troppo poco è stato fatto dalla diplomazia internazionale per studiare una pace, ma oggi si impone la volontà del potente e l’interesse economico in una prospettiva coloniale.

 

A Gaza avevamo sperato in una sia pur temporanea cessazione del fuoco, ma la tregua ha di nuovo ceduto il passo alle armi con le devastazioni, anche fra i bambini, tragico scenario di questi anni. Gli ostaggi catturati da Hamas, il 7 ottobre 2023, dopo il sanguinoso attacco sferrato nel sud di Israele, sono stati in parte, lentamente  e in alcuni casi privi vita, restituiti ai familiari. Migliaia e migliaia di morti palestinesi, tra i quali un altissimo numero di bambini, resteranno invece sepolti sotto le macerie dei palazzi distrutti dall’offensiva militare dell’esercito israeliano. Porteremo a lungo con noi, che viviamo «nelle nostre tiepide case», l’immagine delle persone che fuggono, le fatiche dei medici e degli operatori sanitari, i camion degli aiuti umanitari fermi ai valichi di frontiera e le donne che abbracciano i loro piccoli terrorizzati dallo scoppio delle bombe.

 

Non meno preoccupante dei focolai di guerra è l’avanzata delle destre nel nostro paese a nelle recenti elezioni in Austria, in Germania. È pur vero che la storia non si ripete mai uguale a sé stessa, ma è altrettanto vero che non ha insegnato nulla. Le ombre di quei regimi totalitari che, in passato, hanno calpestato la dignità di intere popolazioni, tornano ad affacciarsi minacciosamente sul nostro vivere quotidiano. C’è chi suggerisce, di fronte a questo «qualcosa di nuovo», di abbandonarsi alla rassegnazione, di lasciare che il tempo passi nella speranza, come risponde il venditore di almanacchi al passeggere di leopardiana memoria, che «coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice». La speranza, virtù cristiana, è l’opposto della rassegnazione: impone partecipazione, azione, studio.

 

Al contrario, in altri momenti del travagliato cammino dell’umanità, è capitato, nella storia del nostro occidente, che ci si opponesse con la forza ai tiranni e ai prepotenti, ma anche soltanto con la solida fragilità degli ideali. Non si sono rassegnati i liberi comuni di fronte al Barbarossa, non è mancato l’entusiasmo in chi ha creduto nell’Unità d’Italia, non è stata vana la morte di magistrati come Falcone e Borsellino e di tanti altri giudici e agenti di polizia. Tra un mese, il 25 aprile, si celebrerà l’80° anniversario della liberazione dalla dittatura fascista e dalla barbarie nazista. Le donne e gli uomini della bella e drammatica stagione della Resistenza, hanno fortemente creduto che una «vita felice» sia possibile solo in una società che garantisca la dignità di tutti e in cui la sovranità sia davvero del popolo e hanno lottato fino al sacrificio della vita.

 

«Resistere, resistere, resistere come su un’irrinunciabile linea del Piave», affermò qualche anno fa l’indimenticato Francesco Saverio Borrelli. Oggi, come allora, è dovere di tutti ricordarlo e metterlo in pratica, ognuno con i propri mezzi, la propria cultura e la propria esperienza.