LA SINISTRA CHE HA FALLITO – 2 –

Torniamo al 4 dicembre: una sconfitta portata da una serie di errori, «Ma i contenuti – pur criticabili – erano un tenere aperta la direzione del cambiamento verso una democrazia competitiva e governante… una risposta ai populismi» così Brunelli (Il Regno 4/17). Il successo del “no”, com’era facilmente prevedibile, aprirà una fase destituente del sistema, la frammentazione dei soggetti – tra loro e al loro interno – il ritorno al neo-vetero-proporzionale. Ricordate? È stato detto:«Se vincerà il “no” in tre mesi si potrà fare bene quello che è stato fatto male in tre anni». Manifestamente era allora ed è risultata poi una sciocchezza: per i veti incrociati non si riuscirà a fare niente, nemmeno la legge elettorale. In favore del “no” ha vinto una “accozzaglia”, che non sarà un termine gentile ma è realistico. Da lì non è nata nessuna ipotesi realizzabile: perdiamo tutti, emergono disgregazione e ingovernabilità. Ci avviamo al trionfo del populismo, che ormai non è altro che un contenitore dove c’è di tutto, dell’antipolitica e dei nazionalismi.

Con il 4 dicembre si chiude un’epoca. Finisce l’ipotesi del partito della nazione che veniva da lontano, nasceva con Veltroni, per raccogliere il più possibile a sinistra e, per arrivare alla maggioranza, cercando gli altri voti verso il centro. Uno degli errori è stato l’eccessiva personalizzazione che innesca una risposta sulla stesso terreno: è quello che è avvenuto. Intanto si è verificata la scissione più volte minacciata. Perché scissione? Per recuperare il popolo del Pd che se no lascia la sinistra. Ma i sondaggi – per quello che valgono – accreditano la nuova formazione di un 3 o 4% il ché significa condannarsi all’irrilevanza.